Chiodi Isabella
Vice Presidente IBM Unione Europea | Luglio 2016
Laurea in Fisica nucleare
Sono stati tre i punti di svolta della mia carriera. Il primo è stato il periodo di full immersion nel mondo dell’information technology: per sei mesi di nuovo a studiare, giorno e notte, ma con compagni d’avventura che provenivano da tutta Italia, neo laureati in ingegneria, matematica, informatica, economia e psicologia. Era un ambiente molto eterogeneo, intrigante, con tante personalità e culture diverse. Qui ho vissuto in prima persona il valore della condivisione di conoscenze, approcci e punti di vista. Poi c’è stato il mio passaggio dall’ambito tecnico a quello commerciale, pur restando nel mondo IT: è stato un passaggio decisivo. Anche se da subito non mi era chiaro, grazie a questa evoluzione ho capito l’importanza dell’accesso alle risorse economiche, l’acquisizione di una lingua che faccia da ponte tra il mondo dei tecnici e il mondo del business, la creazione del consenso attorno a un’idea progettuale. Il terzo passaggio è stato il salto a responsabilità internazionali, dove a tutte le sfide e le complessità incontrate sino a quel momento, si affiancarono l’uso di una lingua diversa e l’incontro con culture e comportamenti sconosciuti con i quali devi imparare a convivere. Se penso che non parlavo l’inglese (ma lo leggevo soltanto) e sono partita per il quartier generale di Parigi dopo un corso serale di due settimane alla Oxford School in Piazza delle Erbe, mi stupisco di quanta incoscienza e quanta energia un/una giovane possono mettere in campo.
Certamente l’imprinting dato dall’Università è stato fondamentale, soprattutto per il metodo nell’affrontare i problemi e nell’acquisire conoscenza. Ho lasciato il mondo della fisica per entrare in quello dell’ICT, due diversi tipi di complessità che, tuttavia, richiedono entrambi metodo nell’affrontare le sfide: serve lucidità per fissare gli obiettivi, capacità di farsi le domande giuste, non perdersi nei dettagli o scambiare i mezzi con gli obiettivi, saper orchestrare competenze molteplici in un singolo progetto.
Quando feci la mia tesi sulla collisione tra ioni pesanti, nel lontano 1981, la sfida era interpretare le matrici di dati registrati in uscita dall’acceleratore. Oggi viviamo nell’economia della conoscenza, del cognitive computing, siamo circondati da informazioni e dati da elaborare. Tuttavia, ciò continua a produrre valore solo nella misura in cui l’uomo riesce a sfruttare questo patrimonio informativo per prendere delle decisioni più consapevoli, grazie a capacità di sintesi e strutturazione della conoscenza: questa rimane una nostra responsabilità. E questo rimane un obiettivo della formazione. E proprio in questo il ruolo dell’università è cruciale. Perché il tempo degli studi universitari coincide anche con un periodo biografico importante nella vita delle persone: sono gli anni in cui diventi un adulto e inizi ad affrontare il mondo. All’università impari a vivere fuori casa, a organizzare il tuo tempo, a studiare autonomamente. Io, per esempio, mi davo gli obiettivi e una sfida era puntare a finire gli esami a luglio, sia per godere appieno delle vacanze ma anche e soprattutto per dimostrarmi che ce la potevo fare.
Oltre a quello dei compagni e dell’amicizia, importantissimo è il ruolo dei docenti che, consapevoli o meno, riescono a trasmettere valori importanti, anche se non sempre si riusciva ad avere un rapporto, soprattutto in corsi sovraffollati. Ho invece un ricordo vivido dei mesi passati nel centro di ricerca di Legnaro con il gruppo che mi ha accompagnato alla laurea con una tesi sperimentale. Docenti eccellenti, per il loro bagaglio scientifico, ma ancor di più persone di valore che sapevano coinvolgerti, che riuscivano a trasmetterti il loro entusiasmo, la loro capacità di lavoro, la loro disponibilità a fare qualunque cosa servisse pur di completare le misure e gli esperimenti. Ecco, queste sono cose che ti rimangono e quelle sono state per me persone di riferimento e mi spiace di non averglielo mai detto.
E credo che proprio le relazioni siano l’orizzonte di senso dell’Associazioni Alumni. Siamo, infatti, in un mondo in cui l’interdisciplinarità è la parola d’ordine per i temi della crescita e dell’innovazione, un mondo in cui si coniano termini quali glocal per coniugare i valori del territorio con la capacità di solcare i mercati globali: ebbene, un’associazione che si prefigga di tenere in contatto migliaia di studenti che da questo territorio, e da questo antichissimo Ateneo, sono partiti per entrare nei campi più disparati del lavoro e del sapere può portare grandissimo valore accelerando la creazione di una comunità d’interessi che avrebbe difficoltà a costituirsi spontaneamente. Ogni Alumno di conseguenza può dare un contributo individuale di cultura ed esperienza nei campi in cui è cresciuto. E ciò può accrescere il bagaglio di conoscenza reciproca, ma anche aiutare l’Università a sviluppare percorsi di studio sempre più mirati al sostegno dello sviluppo del tessuto produttivo del territorio.
22 Febbraio 2016