Morbiato Tommaso
Ceo, R&S e Fondatore Windcity | Maggio 2018
Dottorato di ricerca in Ingegneria dei Sistemi Strutturali Civili e Meccanici
Dove inizia il lavoro e finisce la passione? Per Tommaso Morbiato è una domanda che ha poco senso, perché è tanta la passione che mette ogni giorno nel suo lavoro. Fin dagli anni dell’Università. Tommaso, infatti, è un ingegnere civile, che ha completato il suo percorso formativo con un dottorato di ricerca in Ingegneria dei Sistemi Strutturali Civili e Meccanici. La sua specializzazione è la costruzione di ponti e questo ambito di competenza l’ha portato a studiare all’estero e a collaborare con prestigiosi studi di progettazione a fianco di luminari della materia. Il suo percorso è stato quindi un continuo alternarsi di esperienze in Italia e in Europa. Ma è un assegno di ricerca a cambiare le sue prospettive. Il bando prevede di studiare come sfruttare il vento presente nelle città e negli insediamenti urbani. È una sfida che si apre e che Tommaso Morbiato decide di giocare. Ed è una sfida che l’ha portato a fondare nel 2016 Windcity, di cui è Amministratore Delegato e Responsabile Ricerca & Sviluppo. Questa impresa si specializza nella produzione di piccoli rotori eolici e idrocinetici su proprio brevetto per geometria variabile, adatti alla generazione distribuita sul territorio con il flusso variabile delle risorse naturali.Racconta Tommaso: «È stata, forse, la decisione più difficile, ma che immagino sia un po’ comune a quanti di noi scelgono oggi di rimanere in Italia, e cioè accettare di “cambiare rotta”, di “vivere con il rischio”: è un sentimento che coltivo ogni giorno per il fatto di creare un’impresa, e lo faccio per il piacere di alzarmi ogni mattina in armonia con il principio Responsabilità – ciò che produciamo con la nostra impresa Windcity è un valore che lascia allo stesso tempo un pianeta non meno abitabile alle generazioni future. Questa cosa non ha prezzo per me».
Un grande senso di gratitudine
Se guidare un’azienda ad alto tasso di innovazione sia stato un desiderio coltivato fra i banchi di scuola e poi all’Università non si sa, ma di sicuro Tommaso Morbiato non ha dubbi su una cosa: «la mia sensazione attuale è quella di vivere sognando ad occhi aperti, quindi sì, mi ritengo oggi fortunato e nella condizione di dover sempre ringraziare qualcuno o qualcosa». Fra questi di sicuro anche l’Università di Padova, perché, analizza Morbiato «durante quegli anni ero in una fase di sedimentazione e non avevo alcuna idea di quanto in fretta stesse cambiando lì fuori il mondo del lavoro, sapevo solo che volevo “costruire ponti”, e intanto l’Università ci regalava la fortuna di poter raccogliere, assaporare, confrontare idee, metodi, percorsi, teorie, teoremi … Non solo, durante quegli anni ho imparato il rigore scientifico, la capacità di mettersi in discussione, il misurarsi con “esami difficili”, con l’inerzia di un sapere pluri-centenario, e con prove diverse e sconosciute. E soprattutto ho potuto apprezzare la scienza come tensione nella ricerca della verità, e la consapevolezza di poterlo fare come nani sulle spalle dei giganti del passato».
I tre errori da evitare
Il “lascito” dell’Università, sia a livello di competenze che di valori scientifici, è qualcosa su cui Tommaso Morbiato è molto attento: «Credo sia un grande errore sminuire il valore percepito della propria laurea, ad esempio in un ipotetico confronto con la dotazione materiale delle università private americane – ricorderò sempre un professore della Cornell University incredulo verso una platea di studenti padovani, chiedeva a loro: “Ma voi avete idea della qualità di ciò che lo Stato e quindi i vostri genitori vi stanno regalando per poche centinaia di euro l’anno? Probabilmente per un valore di contenuto simile nella mia università dovreste spendere 100 volte tanto! E quanti potrebbero permetterselo?”. E vero poi che il destino di ognuno è plasmato sulla personalità, ma ci sono altri due errori da evitare, secondo Tommaso. «Il primo è pensare solo secondo degli schemi, ad esempio: non ce la posso fare se non scappando all’estero, posso realizzarmi solo scalando il mondo “corporate”… Le esperienze all’estero, gli schemi, le sovrastrutture aiutano, facilitano, in tanti casi sembrano semplificare… ma la vita poi è ben altro che essere incasellati. E poi il tornaconto economico: non mi sento certo di dire che sia un errore considerarlo una priorità nel costruire il proprio profilo professionale. Però se la vita vi ha dato modo di metterlo a confronto anche con altre priorità e valori, allora sapete già cosa voglio dire».
24 Maggio 2018