Giudice Gian Francesco
Direttore del Dipartimento di Fisica Teorica del CERN | Agosto 2017
Laurea in Fisica
Padova è la città in cui sono nato e in cui la mia famiglia ha vissuto da generazioni. Fin da piccolo, sapevo che avrei fatto l’Università a Padova, lì dove i miei genitori avevano studiato e dove mio nonno insegnava chimica. Eppure, quando arrivò il giorno di iscriversi, fui colto impreparato. Cosa fare? Matematica, ingegneria, legge? Scelsi frettolosamente fisica, solo per l’inconsistente ragione di avere avuto un supplente l’ultimo anno di liceo, che aveva fatto una spettacolare lezione sulla derivazione della termodinamica dalla teoria cinetica. Mi era piaciuta talmente che all’ultimo decisi di provare anch’io a studiare fisica. Quella scelta, presa allora con inconsapevole leggerezza, si rivelò azzeccatissima per il mio futuro.
L’ambiente di fisica a Padova era molto informale, con un rapporto piuttosto diretto tra professori e studenti. C’era persino un professore che veniva qualche volta alle nostre feste di studenti. Nonostante questo clima informale, la serietà e il rigore erano indiscutibili: la qualità scientifica dei corsi (a parte qualche eccezione) era davvero eccellente e gli esami molto selettivi. Si viveva l’università un po’ come un’estensione del liceo. Durante il primo biennio gli studenti seguivano esattamente gli stessi corsi e dunque c’era la “classe del primo anno” e la “classe del secondo”. Nel pomeriggio si studiava insieme in biblioteca; la sera, a volte, si stava insieme. Ognuno seguiva il suo sogno, convinto che nulla lo avrebbe potuto fermare.
Erano gli anni di piombo a Padova. Ricordo che in biblioteca si scherzava immaginando che il generale Dozier, rapito allora dalle Brigate Rosse, dovesse essere tenuto prigioniero in qualche stanza oscura dell’Istituto di Fisica, tanto i corridoi erano bui e intricati. Avevamo sbagliato di poco. Il generale fu trovato dalla polizia in un appartamento nei dintorni.
Ebbi la fortuna di laurearmi con il Professor Giovanni Costa, un uomo straordinario che mi ha comunicato il fascino per la ricerca, che mi ha dato gli strumenti per credere nelle mie possibilità, e che mi ha sempre sostenuto come fossi un figlio. Scrissi la tesi di laurea durante il servizio civile. La sera, quando non studiavo, giocavo a Risiko insieme agli altri obiettori di coscienza in servizio. Per fortuna i militari non verificarono mai le nostre convinzioni pacifiste durante quelle partite.
Finita l’università, completai gli studi a Trieste e Pisa e poi, come quasi tutte le persone che si vogliono dedicare alla ricerca, la fuga all’estero: gli Stati Uniti e ora il CERN a Ginevra. Dentro, però, il legame è rimasto forte e mi sento sempre lo studente di Padova. I miei “compagni di classe” organizzano ancora delle cene, a cui io riesco a partecipare solo raramente, vivendo all’estero. Un po’ attempati, con meno capelli e più chili, guardiamo le foto delle feste di allora, con un velo di nostalgia.
Chi è stato studente a Padova, rimane tale per sempre. Recentemente al CERN ho incontrato un ingegnere e ho scoperto che i suoi nonni erano amicissimi dei miei nonni e colleghi all’Università di Padova. Mi ha raccontato con commozione di un “vademecum per lo studente” che ha trovato nella biblioteca del nonno – una guida per i neo-iscritti all’Università di Padova pubblicata all’inizio del secolo scorso. Mi ha raccontato di un mondo che pare scomparso. Vista da fuori, l’Italia ora sembra un malato terminale devastato dalla corruzione che, partendo dai piani alti della politica, scende fino ai più oscuri uffici di amministrazioni comunali. Visti da fuori, gli italiani sembrano così assuefatti al cancro della corruzione da accettare la loro situazione come normale o, comunque, irreversibile.
Il mio augurio è che l’Università di Padova possa risvegliare dal torpore le persone oneste e convincerle a ribellarsi. Il mio augurio è che i giovani italiani possano ancora avere aspirazioni e speranze, che sono ormai loro precluse senza una fuga all’estero. Per l’Associazione Alumni, il mio augurio è che riesca a tenere insieme tutte quelle persone che hanno avuto la fortuna di ricevere tanto dall’università di Padova e che, pur se distanti, sentono ancora il legame e l’affetto per la loro Alma Mater. È un bell’orgoglio poter raccontare di aver studiato nell’università dove insegnarono Galilei, Ricci Curbastro, o Levi Civita, e dove si laureò la prima donna al mondo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia.
29 Agosto 2017