“A 30 anni nessuno è un fallimento.” Intervista all’Alumno Marco Liviero, English Master a Eton College.
Marco Liviero è nato e cresciuto a Padova nel quartiere di Santa Croce, dove ancora vive una parte della sua famiglia. Da adolescente frequenta il liceo Tito Livio, si laurea in letteratura inglese all’Università di Padova nel 1994, prima di trasferirsi per sempre oltremanica.
In vista della sua partecipazione ad “Alumni Awards: coordinate per un mondo che cambia”, evento durante il quale riceverà il prestigioso premio “Alumnus of the Year”, siamo riusciti a scambiare qualche battuta con lui.
Professore, lei è ciò che si direbbe un padovano DOC. Ci racconta degli anni in Italia prima di partire per l’Irlanda e il Regno Unito?
Ho frequentato il Tito Livio con enorme piacere, e serbo ancora ricordi bellissimi di quel periodo, ma a dire la verità non ero uno studente strepitoso al liceo. È stato all’Università di Padova che mi sono finalmente potuto dedicare interamente a studiare ciò che più mi piaceva, e in cui eccellevo: la lingua e la letteratura inglesi.
Ricordo di aver fatto l’Università di fretta, perché non vedevo l’ora di completare gli studi e venire in Gran Bretagna: mi ero già innamorato da ragazzo della cultura anglosassone grazie alla lettura dei suoi autori e poeti migliori. Come scriveva Emily Dickinson, ‘There is no frigate like a book to take us lands away’ (non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane).
Durante la laurea ho avuto modo di fare il mio Erasmus a Cork, in Irlanda, dove sono rimasto molto colpito dal calore della gente. Ho ritrovato quello stesso calore anche in Università, nel rapporto diretto ma sempre rispettoso tra docenti e studenti. La vita del campus mi ha entusiasmato, e credo fortemente in questo modello educativo dove gli studenti non si limitano a frequentare le lezioni, ma vivono nel college e partecipano a tutta una serie di attività sociali che ne completano la crescita personale e professionale.
Un approccio formativo che oggi ritrova anche a Eton, probabilmente il college più prestigioso del mondo, dove insegna letteratura inglese. Come si trova?
Dal 2001 sono English Master a Eton College, una scuola con una tradizione lunghissima di insegnamento ininterrotto, sin dal 1440, quando fu fondata da Re Enrico VI. Si tratta di una scuola progettata con un approccio accademico molto concreto: se da un lato è bene che i giovani allievi si dedichino allo studio, alle lezioni e agli esami, dall’altro vengono valorizzate tutta una serie di attività extracurricolari che si focalizzano sulla loro crescita caratteriale.
Noi docenti viviamo nel campus, i ragazzi vengono regolarmente a casa nostra, si cena assieme, e si viene così a creare un rapporto stretto anche dal punto di vista umano. Il professore smette di essere l’avversario o – più in generale – l’adulto che vedi solo in aula e ti esamina, ma diventa una sorta di alleato per la tua crescita e il tuo sviluppo personale, qualcuno che conosci e vedi ogni giorno in diverse situazioni del campus. Non credo in un modello di scuola dove ci si confronta con il docente solo agli esami e magari dopo 3 anni ancora non conosce il tuo nome.
In questo senso non posso che apprezzare la nascita e il rapido sviluppo dell’Associazione Alumni dell’Università di Padova, una realtà che si orienta proprio nella direzione di comunità e relazione tra coloro che condividono un background comune.
Ricordo anche come l’Università di Padova, già ai miei tempi, fosse luogo di confronto aperto e scambio sincero tra docenti e studenti: non posso non menzionare la mia cara amica Antonia Arslan, con la quale sono tuttora in contatto e che vedo regolarmente, mia docente di Letteratura italiana all’Università e con la quale potei costruire un rapporto così solido e duraturo proprio in virtù dell’intelligenza e della franchezza dei nostri scambi, alle volte anche accesi.
Parla del senso di comunità che sta dietro la nascita dell’Associazione Alumni. In qualità di Alumno che ha raggiunto importanti traguardi nella vita, c’è qualche consiglio specifico che si sente di dare ai giovani neolaureati?
L’invito è certamente di fare esperienze fuori dalla propria zona di comfort. Non sono mai stato esterofilo e amo l’Italia con tutto il cuore, ma credo che fare esperienze all’estero sia molto importante: permette di confrontarsi con culture e sistemi molto diversi, il che non può che essere utile in una società sempre più fluida e globalizzata.
Inoltre, invito i giovani a non avere paura di sbagliare. Troppo spesso l’errore viene confuso con il fallimento. A venti, trenta, cinquant’anni non si può essere dei fallimenti e non si può avere paura di fallire. Si può semmai essere un fallimento a 100 anni, guardandosi indietro, se si disconoscono le scelte fatte e le esperienze vissute.
Mettetevi in gioco, fate esperienze nuove anche (e soprattutto) fuori dalla vostra zona di comfort, viaggiate e vedete come funzionano le cose in altri paesi, e non abbiate paura delle difficoltà che spesso nascondono anche delle opportunità.
Sarò lieto di incontrare e chiacchierare con gli Alumni, più o meno junior, che parteciperanno all’evento “Alumni Awards: Coordinate per un mondo che cambia” e ringrazio l’Associazione Alumni per il premio che mi viene assegnato quest’anno.