“Dopo alcuni giorni tormentati, decisi che non sarei più andato a Londra, ma che sarei tornato per aiutare quella bambina e il mio Paese”. Intervista a Dioniso Cumbà, chirurgo pediatrico e Ministro della Salute della Guinea Bissau

7 Luglio 2021 Associazione Alumni_admin Categories Interviste Medicina, news
Ministro, sarebbe facile raccontare la sua storia partendo dall’inizio, da quando dovette vendere una gallina per acquistare il biglietto dell’autobus fino alla capitale per frequentare l’unico liceo della Guinea Bissau, alle notti passate all’addiaccio e i lavori di falegnameria per mantenersi.
Oppure per raccontare la storia di immensa generosità scritta dalle quaranta famiglie italiane che l’hanno “adottata” e che hanno finanziato, tra mille ostacoli, i suoi studi di medicina all’Università di Padova.
Ma ci permetta, oggi, di partire dalla fine. Com’è diventato Ministro della Salute della Guinea Bissau, un Paese africano di un milione e mezzo di abitanti che affaccia sull’Oceano Atlantico?
Posizione della Guinea nel mondo. Attribution: TUBS, retrieved from: https://it.wikipedia.org. License: CC BY-SA 3.0

È una storia che comincia nel 2010, quando termino gli studi specialistici in chirurgia pediatrica all’Università di Padova e, grazie al mio mentore, il prof. Giovanni Franco Zanon, ottengo un prestigioso incarico a Londra. Decido di concedermi una vacanza di un paio di settimane in Guinea Bissau prima di trasferirmi nel Regno Unito ma, pochi giorni prima di rientrare dall’Africa, vengo a conoscenza del caso clinico di una neonata di quindici giorni con una malformazione intestinale. La visito e verifico che non è presente l’ano, cosa di cui nessuno si era accorto fino ad allora, medici inclusi.

La neonata, già in coma, deve essere operata d’urgenza per effettuare una colostomia e inizia la ricerca di una struttura in Guinea Bissau che possa ospitare la chirurgia. Accade che, però, di strutture così non ce ne sono. Alla fine ripieghiamo su una clinica privata la cui sala operatoria non viene utilizzata da tre mesi: arredi e strumenti sono sporchi, muffa e scarafaggi sono ovunque. Con un collega italiano, un oculista in vacanza con me, ci diamo da fare per ripulire la stanza e, in assenza di un medico anestesista, sediamo la bambina con l’etere. Quando salta la luce, continuiamo l’operazione con i flash dei nostri cellulari. La chirurgia, nonostante tutto, ha esito positivo e la bambina sopravvive.

Ero felicissimo… mi sono detto: questa bambina vive. Nel profondo, però, ero anche molto inquieto. La bambina era tutt’altro che salva, mancavano ancora numerose operazioni per terminare la chirurgia, andava fatta la plastica anale e sapevo che in Guinea Bissau mancava tutto: mi ero fatto spedire dall’Italia, tramite corriere, le sacche per la colostomia, introvabili nelle farmacie locali. Durante il volo di rientro verso l’Italia non riuscivo a togliermi dalla testa questa bambina e tutte le incertezze che gravavano sul suo futuro.

In quei giorni era atteso a Londra, per la firma del contratto e per la presa di servizio. È facile immaginare il conflitto interiore che la agitava.

Dopo alcuni giorni molto tormentati in Italia, decisi che non sarei più andato a Londra ma che sarei tornato in Guinea per aiutare quella bambina e dedicarmi al mio Paese. Il prof. Zanon non voleva crederci, Londra era davvero un’opportunità importante che mi avrebbe cambiato la vita, ma dopo un confronto franco e sincero capì che il mio convincimento era profondo e accettò entusiasta di venire in Africa con me per aiutarmi. Nel giro di un paio di mesi, inaugurammo il nuovo blocco operatorio dell’ospedale di Bor e iniziammo a operare. C’erano tantissimi bambini di ogni età e con ogni tipologia patologia che avevano bisogno delle nostre cure, eravamo costantemente in sala operatoria, ci riposavamo pochissimo. Lo stesso prof. Zanon mi confessò che molti dei casi che operavamo erano inediti anche per lui, si trattava di patologie mai viste in Italia.

Quel viaggio del Prof. Giovanni Franco Zanon fu solo l’inizio. Con l’Unità Operativa di Chirurgia Pediatrica dell’Università di Padova avviammo una collaborazione serrata che diede vita a numerose missioni, che permisero ad altri chirurghi pediatrici, anestesisti ed Infermieri di recarsi in Guinea due o tre volte l’anno per operare. Prof. Piergiorgio Gamba, Prof. Giovanni Cecchetto, Dott. Roberto Faggin, Dott.ssa Guendalina Mognato, Dott.ssa Costanza Tognon, Dott.ssa Maurizia Grazzini, Dott.ssa Francesca Avogaro, IP Bertilla Ranzato, IP Marco Masenello, IP Cristian Miotto e IP Roberto Mazzucato,  che misero la loro professionalità a disposizione del mio paese, spesso coinvolgendo anche la loro rete di relazioni professionali anche al di fuori dell’Ateneo. Il dott. Zanon viaggiò per la prima volta in Guinea con la moglie, la Dott.ssa Giuseppina Torcaso, che si sarebbe poi fermata in Africa per tre anni come Direttore Clinico dell’ospedale Pediatrico di Bor.

Padova fu la prima Università coinvolta, ma non certo l’unica: negli anni ospitammo in Guinea Bissau chirurghi e medici dell’Ospedale Poliambulanza di Brescia, di Ferrara, di Foggia, della Sicilia (Catania) e da Atenei della Spagna, del Portogallo e della Germania.

Una bellissima dimostrazione di cooperazione internazionale e dell’impatto che le Università possono avere su territori anche molto lontani.

È vero. Risolto però il problema dei chirurghi, seppur in modo parziale e temporaneo, rimaneva scoperto il tema urgente degli anestesisti. Non c’erano sanitari che avessero ricevuto una formazione specifica, noi chirurghi eravamo costretti a somministrare i farmaci in prima persona e occuparci della sedazione. Anche in questo caso fu l’Università di Padova ad aiutarci: le dottoresse Costanza Tognon e Francesca Avoraro si dedicarono alla formazione della dottoressa Paola del nostro ospedale, oggi un’anestesista di primo livello la cui competenza è fondamentale per le tante operazioni che realizziamo.

Il tema della formazione del personale medico e infermieristico è un tema cruciale che ho da sempre a cuore: dobbiamo sviluppare in Guinea Bissau un sistema di formazione continua per i nostri sanitari. In particolare, i nostri medici laureati non hanno accesso a Scuole di Specializzazione – che non esistono nel Paese – e non possono specializzarsi. Su questo fronte le sinergie che stavamo costruendo con università e ospedali italiani ed europei erano estremamente promettenti e stavano dando ottimi risultati.

Ma nel 2020 è arrivato il Covid…

Esatto. Proprio in un momento di grande fermento e dinamismo, il Covid ha interrotto bruscamente collaborazioni e missioni, rendendo impossibile viaggiare e rallentando quasi del tutto l’attività ospedaliera. Dopo anni di intensa attività medica e organizzativa, nel pieno della pandemia, impossibilitato a operare, mi sono reso conto di cercare nuovi stimoli: stavo considerando un periodo fuori dalla Guinea Bissau, mi ero candidato a un bando di Emergency che cercava medici per una missione in Uganda, e stavo anche riflettendo su un’opportunità lavorativa all’ospedale di Bergamo.

Non avevo previsto però il colpo di scena: il 18 aprile 2020 il Primo Ministro Nuno Gomes Nabian mi chiama per propormi di diventare Ministro della Salute della Guinea Bissau. Non ero per nulla convinto che quella fosse la mia strada, ma il Premier e i suoi delegati nei giorni successivi discussero a lungo con me per persuadermi ad accettare.

Lo feci, a patto di poter continuare a fare il chirurgo, in parallelo all’attività ministeriale.

La mia priorità oggi come Ministro è cambiare e innovare il sistema sanitario del Paese, gravemente deficitario. Gli ospedali non hanno la dignità di essere considerati tali: nel nosocomio più importante del Paese non c’è nemmeno un impianto per produrre ossigeno, né esiste un reparto di terapia intensiva, le sale operatorie versano in condizioni allarmanti. Anche dal punto di vista organizzativo occorre una riforma profonda: prima del mio arrivo non esistevano protocolli e regolamenti, non c’era un organigramma del personale, medici e infermieri si auto-organizzavano e gestivano in totale libertà. Non sono nemmeno assenti i conflitti di interesse tra strutture pubbliche e cliniche private.

Ovviamente, non è un’azione facile la mia e incontra profonde resistenze. Le relazioni con l’Università di Padova e i tanti Atenei italiani ed europei che ci hanno aiutati in questi anni saranno ovviamente fondamentali, soprattutto per aiutarci a sviluppare collaborazioni sul tema della formazione dei medici africani. Sto già programmando il mio prossimo viaggio in Italia, probabilmente nell’autunno 2021, per parlare con il Governo e le Università di programmi bilaterali e sinergie, ma al momento sto raccogliendo sul campo dati e informazioni per mappare la situazione sanitaria della Guinea Bissau ed elaborare proposte concrete.


La storia di Dioniso Cumbà è una di quelle che commuovono e toccano gli animi in profondità. È una storia di mille difficoltà superate con un impegno e una perseveranza che hanno dell’incredibile. Ma è anche una storia di generosità e solidarietà: dall’aiuto offerto da padre Ermanno Battisti, che permette a Dioniso di frequentare il liceo in Guinea Bissau e recarsi in Italia per studiare medicina, al contributo delle tante famiglie di Piove di Sacco, Arino e Dolo che decidono – anno dopo anno – di sostenere economicamente gli studi di un promettente giovane che sogna di diventare medico.

Per approfondire la storia di Dioniso Cumbà, lasciamo ai nostri lettori questa testimonianza video rilasciata dal Ministro per “Sanità Informazione”, periodico online d’informazione sanitaria https://www.sanitainformazione.it/

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