“Verdura, carne e pesce più gustosi, salutari e duraturi. La CO2 supercritica può rivoluzionare la pastorizzazione degli alimenti, ma ora ci serve un CEO per arrivare sul mercato.”

2 Settembre 2021 Associazione Alumni_admin Categories news

Avete presente la differenza di sapore tra un latte a lunga conservazione e uno fresco? Riconoscete facilmente un succo d’arancia del supermercato per il colore spento, rispetto a quello di una spremuta fresca?

La pastorizzazione dei cibi, liquidi e solidi, è un processo industriale che permette di abbattere la presenza di microorganismi in ciò che mangiamo: solo così gli alimenti resistono sugli scaffali dei supermercati per settimane, anche a temperatura ambiente. Il limite delle tecnologie attuali è però l’alta temperatura alla quale i cibi vengono riscaldati per abbattere la carica batterica. Nonostante il riscaldamento duri appena pochi secondi, esso raggiunge temperature di 75-120 gradi, con un significativo degrado delle proprietà organolettiche e nutrizionali degli alimenti: per questo il latte UHT non ha un sapore pieno e cremoso, mentre la spremuta del supermercato ha un colore più spento e ‘cotto’.

Ma proprio all’Università di Padova esiste un gruppo di ricerca multidisciplinare che, nell’arco di oltre quindici anni di studi e collaborazioni con le imprese, ha sviluppato un processo nuovo, pronto a fare il proprio ingresso nel mercato: la pastorizzazione dei cibi con anidride carbonica supercritica, che permette di preservare nutrienti e qualità degli alimenti, aumentandone al contempo la shelf life. Questa metodologia pastorizza i cibi a una temperatura appena superiore a quella ambientale (35-50 gradi) tramite l’inserimento dell’alimento già confezionato in una camera ad alta concentrazione di anidride carbonica.

La squadra di ricerca di Superunit

“È dai primi anni 2000 che mi occupo di pastorizzazione degli alimenti - ci dice Sara Spilimbergo, professoressa associata dell’Università di Padova – prima come dottoranda, poi come ricercatrice e oggi alla guida del gruppo Superunit del Dipartimento di Ingegneria Industriale. Quando poi, nel 2007, ho vinto la prima edizione del Premio Montana alla Ricerca Alimentare, ho avuto l’occasione di dare evidenza a livello nazionale e internazionale alla pastorizzazione con CO2 supercritica e di partecipare ad alcuni importanti progetti europei. Da lì, è stata una svolta.”

“Negli ultimi cinque anni abbiamo avuto modo di dare una forte accelerazione alla ricerca applicata in questo ambito, grazie a numerose collaborazioni con le imprese e alla realizzazione di test non solo in laboratorio, ma anche su scala semi-industriale. Un primo passaggio importante è stata la tutela della nostra invenzione con un brevetto, già concesso in Italia e in fase di estensione ai maggiori mercati stranieri, ottenuto grazie al supporto dell’Ufficio Valorizzazione della Ricerca.”

Nel 2021, inoltre, un fondo di investimento internazionale, Progress Tech Transfer, ha finanziato la realizzazione del proof of concept per validare questa nostra nuova tecnologia su verdura, carne e pesce. Forti di questi riscontri, l’obiettivo di Superunit è ora quello di costituire uno spin-off universitario entro la metà del 2022.

Occuparsi di sviluppo commerciale, marketing e gestione aziendale, per chi viene dal mondo della ricerca e lavora a tempo pieno in Università non è però facile: da qui l’esigenza di assumere una figura esperta che possa accompagnare il gruppo di ricerca fino alla costituzione della società.

“I prossimi mesi saranno decisamente intensi – sorride la professoressa Spilimbergo – Abbiamo tutti gli ingredienti necessari affinché l’ingresso nel mercato sia un successo: il brevetto, una squadra fortissima di ricercatori e ricercatrici brillanti e motivati, impianti disponibili di scala già semi-industriale, un fondo di investimento che crede nel progetto… Ora ci serve un CEO molto operativo e con un forte acume commerciale che voglia prendere di petto questa sfida e sviluppare progetti su scala ancora più ampia, con i tanti operatori nazionali che già hanno dimostrato interesse.”

“Idealmente deve trattarsi di una figura con almeno 10-15 anni di esperienza lavorativa, meglio se nel settore del packaging o dell’agroalimentare, disponibile in tempi molto brevi e con la voglia di mettersi in gioco in un’avventura imprenditoriale unica. Noi come gruppo di ricerca possiamo ovviamente fornire la consulenza e il supporto scientifico, ma questa persona dovrà essere in grado di seguire tutti gli aspetti aziendali del progetto.”

“Per questo abbiamo deciso di rivolgerci alla comunità degli Alumni dell’Università di Padova e al suo network di professionisti per diffondere questo nostro messaggio: speriamo che tra i laureati e le laureate a Padova che ci leggono da ogni parte del mondo, ci sia qualcuno pronto a cogliere questa sfida e intraprendere con noi un percorso di sviluppo aziendale che può portare a innovare radicalmente un intero settore.”

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