Alberto Garzoni, eccellenza a Oxford
Alberto Garzoni, studente di Filosofia all’Università di Padova e ora dottorando all’Università di Oxford ci racconta la sua esperienza formativa e professionale.
Ciao Alberto e grazie per la tua disponibilità. Presentati e raccontaci qualcosa di te!
Mi chiamo Alberto Garzoni, ho 28 anni e sono un dottorando all’Università di Oxford. Prima di arrivare a Oxford ho studiato all’Università di Padova e alla Scuola Galileiana.
La mia formazione è filosofica: a Padova ho studiato per tre anni Filosofia, poi ho proseguito con la laurea magistrale in Scienze Filosofiche; anche se adesso lavoro in una facoltà di teologia, continuo a occuparmi dello stesso tema, cioè il pensiero politico di Agostino di Ippona, un vescovo e pensatore vissuto tra il IV e il V secolo. La mia è una ricerca di tipo interdisciplinare, prevalentemente filosofico-politico.
Da un punto di vista personale, sono nato e cresciuto nella zona del Garda bresciano. Adesso vivo a Oxford, naturalmente, dove sono affiliato al Keble College – uno dei quarantadue collegi che compongono l’Università.
Oltre agli studi dottorali, insegno part-time in una scuola superiore e faccio da assistente a una docente dell’Università.
Com’è avvenuta la scelta di studiare filosofia e poi di continuare la tua formazione sui temi di cui ci hai parlato?
Sin da molto giovane ho avuto una grande passione per le discipline umanistiche, soprattutto per la letteratura. Prima dell’Università, ho studiato al liceo classico, e per molto tempo ho pensato che avrei studiato lettere classiche o storia dell’arte all’università. Allo stesso tempo, ho sempre coltivato un grande interesse per la politica, sia da un punto di vista teorico che pratico.
Finito il liceo, ho cercato un modo di conciliare l’amore per le lettere e l’interesse per la politica; mi è sembrato che filosofia potesse essere un buon compromesso; da lì è emersa la grande opportunità di entrare alla Scuola Galileiana e quindi di diventare uno studente dell’Università di Padova.
Durante la laurea triennale pensavo di occuparmi di filosofia contemporanea, proprio per coltivare meglio anche questo interesse politico, che è sempre stato costante.
Nel 2015 un incontro ha determinato un cambio di traiettoria: l’incontro con Giovanni Catapano, adesso ordinario di Filosofia Medievale, che sarebbe poi diventato il mio relatore. Grazie a lui e a un suo corso, ho scoperto la figura di Agostino di Ippona e ho deciso di occuparmi del suo pensiero politico.
Pensi che nel tuo percorso professionale il fatto di aver studiato all’Università di Padova abbia inciso? E se sì, in che modo?
Assolutamente sì! Almeno per tre motivi.
Prima di tutto, per gli incontri che l’Università di Padova e la Scuola Galileiana hanno reso possibili.
Ho avuto l’opportunità e il privilegio di conoscere delle persone straordinarie, sia attraverso gli eventi che l’Università e la Scuola offrivano, sia nel lavoro concreto di ogni giorno, e questo è stato uno stimolo costante per la mia crescita accademica e personale.
In secondo luogo, essere studente galileiano mi ha messo a disposizione una serie di risorse, non solo materiali ma anche formative, che sono state importanti per la mia crescita. Soprattutto, ricevere una formazione interdisciplinare mi ha spinto a guardare oltre gli orizzonti della filosofia.
Il terzo aspetto è stato la possibilità di vivere a Padova e quindi di conoscere e integrarmi in una città culturalmente molto stimolante. Gli anni dell’Università mi hanno aiutato a maturare umanamente, perché mi hanno reso autonomo sotto molti punti di vista e mi hanno spinto a confrontarmi con le sfide che questa autonomia nuova ha generato.
Come sei arrivato a Oxford e qual è stato il percorso che hai fatto per ottenere il dottorato?
La scelta del dottorato di ricerca non è stata immediata, nel senso che in un primo momento non pensavo di proseguire gli studi o cercare di intraprendere la carriera accademica – sia perché gli anni di studio a Padova erano stati molto intensi, e quindi sentivo di volermi prendere una pausa dalla ricerca, sia perché non vedevo degli orizzonti aperti davanti a me, soprattutto in Italia.
Poi, a inizio 2018, ho partecipato a uno scambio internazionale tra l’Università di Padova e la Boston University. Grazie a quel bando, ho vissuto e studiato per un semestre a Boston, dove ho di fatto concluso il corso di laurea magistrale. È stato a Boston che gli orizzonti si sono aperti, soprattutto perché ho scoperto un modo diverso, più dinamico, di fare ricerca. Questo mi ha incuriosito e ispirato; è stato a Boston che è nata l’intenzione di candidarmi a dei programmi di dottorato.
Il passaggio successivo e più concreto è stato capire dove farlo. L’esperienza di Boston mi ha incoraggiato a guardare anche all’estero.
In un certo senso, non è stato difficile decidere dove rivolgermi, perché l’ambito di studi in cui lavoro è quasi esclusivamente anglosassone. Così, ho presentato delle candidature a università inglesi e americane; tra altre, nel marzo 2020 mi è arrivata un’offerta da Oxford, dove ero già stato per una breve esperienza di ricerca l’anno prima, e mi è sembrato che quella fosse la sede più affine ai miei desideri e al mio bisogno di ulteriore sviluppo professionale e umano.
In questo, un fattore importante è stato pensare che Oxford aveva un’università simile a Padova, che mi avrebbe permesso di combinare bene l’esperienza nuova, gli stimoli, le sfide, con un’atmosfera intellettuale e culturale che in un certo senso conoscevo già.
Le persone con cui ho scelto di lavorare qui, sono, dal punto di vista strettamente disciplinare, due teologi, però il mio profilo professionale (e il mio temperamento) continuano a spingermi oltre i confini ‘ufficiali’ delle facoltà e dei dipartimenti. Da questo punto di vista, Oxford è un luogo molto accogliente, perché incoraggia il mio desiderio di spaziare.
Di cosa tratta la tua ricerca?
La mia ricerca si sviluppa in un ambito che di solito è conosciuto come Agostinismo politico, e che consiste nella ricezione contemporanea del pensiero politico di Agostino di Ippona.
Il mio lavoro ha una componente di tipo testuale, esegetico, tale per cui leggo i testi di questo autore, cerco di interpretarli, di darne un’interpretazione storica accurata, e una componente per così dire costruttiva: mi sforzo di individuare degli spazi, dei dibattiti teorico-politici, in cui la ricostruzione storica del suo pensiero sembra promettente.
In termini più specifici, studio i sermoni di Agostino, e cerco di immaginare che influenza potrebbero avere su alcune forme contemporanee di attivismo politico.
A che punto della ricerca sei?
Ho iniziato il mio terzo anno di dottorato l’ottobre scorso; questo dovrebbe essere il mio ultimo anno accademico intero, visto che la consegna della tesi di dottorato è prevista per il marzo 2024.
In pratica, mi restano un anno e un mese di lavoro – quattro trimestri, nel computo di Oxford.
Il sistema di Oxford prevede tre tappe formali tra l’inizio del programma di dottorato e la discussione della tesi, e io mi sto avvicinando alla seconda.
In particolare, la fase che è appena cominciata è quella della scrittura vera e propria. Insomma, sono abbastanza avanti: vicino alla meta anche se non ancora vicinissimo.
Prima di dicevi che in qualche modo l’Università di Oxford e quella di Padova si assomigliano. In cosa e invece quali sono le differenze?
Secondo me si assomigliano molto nel rapporto quasi simbiotico che c’è tra Università e città.
È abbastanza difficile, molto più difficile a Oxford che a Padova, distinguere l’Università dalla città: qui i monumenti della città sono in larga parte edifici dell’Università.
La differenza più grande, però, sono i college – il sistema collegiale, composto di oltre quaranta istituzioni tuttora attive, che Oxford ha mantenuto.
In senso stretto, alcuni college sono più antichi dell’Università, e l’Università nasce come una loro federazione.
Questo comporta molta varietà negli approcci alle discipline, così come nelle comunità in cui uno può vivere o che può frequentare.
Rende Oxford anche più caotica di Padova, però in questo disordine c’è una bellezza particolare.
Adesso che vedi la fine del tuo dottorato quali sono i tuoi sogni nel cassetto e gli obiettivi poi per il futuro?
Per fortuna, le strade sono ancora abbastanza aperte.
Da circa un anno e mezzo, io e un collega stiamo sviluppando un progetto di ricerca a lungo termine, che se tutto va bene dovrebbe trasformarsi in una opportunità di post-doc.
Dunque, quella di rimanere nel mondo dell’accademia è un’opzione che sto considerando.
Certamente mi piacerebbe restare a Oxford, ma se non sarà possibile guarderò in altre direzioni.
Senz’altro, sarei contento di tenere almeno un piede nel mondo dell’accademia e continuare a fare ricerca: questo è un filo conduttore dei miei orizzonti per il futuro.
Dato che l’altra grande passione è rimasta quella per la politica, mi piacerebbe anche capire se posso fare ricerca in ambito politico.
L’ideale sarebbe trovare una soluzione che tenga insieme queste dimensioni – quella accademica e quella politica.
Oltre a questo, c’è in gioco una componente geografica: vorrei trovare una soluzione che mi permettesse di rimanere legato all’Inghilterra, a questo nuovo ambiente che mi ha accolto tre anni fa, ma vorrei anche avere l’occasione di lavorare un po’ in Italia, perché comunque l’Italia resta casa, e lì ho ancora le mie relazioni più importanti.
Che consiglio ti senti di dare ai ragazzi che si stanno affacciando in modo universitario e in particolare all’Ateneo patavino?
Per me è stato fondamentale osare, cioè essere allo stesso tempo curioso e audace.
In altre parole, il mio consiglio sarebbe quello di coltivare una curiosità costruttiva: guardare oltre gli orizzonti dell’abituale, delle relazioni, delle conversazioni, dei tipi di lavoro a cui ci si dedica nel quotidiano, provare a immaginare qualcosa di diverso, di nuovo per sé, e vedere se è possibile trasformarlo in un progetto.
Nella mia esperienza, Padova è proprio il luogo che permette questo tipo di curiosità e di audacia.
Questo, come dicevo, è stato fondamentale per me, molto di più dei contenuti che ho appreso studiando; anche questi, naturalmente, sono stati importanti, perché mi hanno formato, però è stata la differenza di atteggiamento a permettermi di fare il salto di qualità.
Si tratta di scoprire le opportunità che ci ‘chiamano’ e avere la forza di raccoglierle, anche (o soprattutto) senza sapere se i nostri investimenti andranno a buon fine.
Per me, questa è stata una scommessa ben spesa. Tra l’altro, l’Università di Padova mette a disposizione moltissime risorse utili – sempre di più, mi sembra di capire – e non farne uso è davvero uno spreco.
Questo mi sentirei di consigliare agli studenti di oggi; se potessi parlare con il me di dieci anni fa, che arrivava a Padova da matricola alla triennale, probabilmente mi consiglierei di cominciare a esplorare e osare prima.