Antonio Volpin, da Padova al mondo
Antonio Volpin ha lavorato per tre decenni in McKinsey&Company, prima in Italia, poi a Londra e infine a Singapore.
Eletto partner nel 1999 e senior partner nel 2004, è stato responsabile della practice Energy – Electric Power di McKinsey dal 2008 fino alla sua uscita nel 2022.
Attualmente svolge attività di consulenza sui temi legati al settore dell’energia e delle infrastrutture per alcuni fondi d’investimento.
È stato recentemente nominato nel consiglio d’amministrazione di Singapore Power Group, una delle più importanti aziende di energia elettrica in Asia.
Buongiorno Antonio e grazie per l’intervista. Cosa ricorda maggiormente del suo percorso universitario?
Ho frequentato il Corso di Laurea Ingegneria Elettronica con indirizzo sistemistico, oggi il corso è denominato Ingegneria Informatica.
A dire il vero, il primo ricordo che mi viene in mente è la difficoltà del primo semestre nell’affrontare concetti piuttosto ostici considerando che provenivo da studi classici.
Credo di non essere il solo a ricordare analisi e fisica uno come una sorta di “survival camp” per aspiranti ingegneri!
Per il seguito ho ricordi molto più piacevoli: la gioia della scoperta di materie affascinanti e molto innovative per quell’epoca.
La programmazione, ad esempio… eravamo agli albori dell’informatica e le mie prime linee di codice le scrissi con le schede perforate!
Ricordo poi i miei compagni di studi, straordinariamente brillanti e anche la profonda competenza dei miei professori. Luminari come i professori Ubaldo Richard e Giovanni Marchesini erano per noi studenti vere e proprie divinità.
Cosa le ha lasciato l’Università degli Studi di Padova e quale valore legato alla propria esperienza porta ancora con sé?
Porto con me moltissime cose.
Tra tutte, direi: l’aver appreso la disciplina necessaria per apprendere e assimilare materie molto complesse in tempi relativamente brevi.
Posso dire che nella mia carriera lavorativa la “disciplina dell’applicazione” sviluppata alla Facoltà di Ingegneria è stata per me altrettanto utile quanto le nozioni apprese nei vari corsi accademici.
La Facoltà di Ingegneria di Padova inoltre ha rappresentato per me la prima “porta aperta” verso il mondo.
Già negli anni ottanta ingegneria era un ambiente molto internazionale, sia come corpo docente sia come studenti.
Molti professori erano regolari ospiti di Università straniere e molti libri di testo erano in lingua inglese.
I miei compagni di banco del primo anno erano studenti cinesi, arrivati apposta dalla Cina per frequentare la Facoltà.
La voglia di lavorare in organizzazioni e contesti globali è nato proprio in in quegli anni.
Come si è evoluto il suo percorso professionale nel gruppo McKinsey & Company?
Come di consueto all’epoca, nei primi diciotto mesi ho svolto progetti per varie industrie e settori diversi.
A partire dal secondo anno mi sono specializzato prevalentemente nel settore dell’energia, il che mi ha portato ad avere una carriera globale.
Ci racconti dove la sua attività professionale l’ha portata nel mondo e quali sono state le abitudini lavorative più difficili da assimilare?
Il settore dell’energia è uno dei più globali che esistano, nel senso che gli operatori devono necessariamente avere una presenza globale, e chi ci lavora deve avere una prospettiva parimenti globale.
Di conseguenza, è stato naturale che, una volta nominato leader della practice energy di McKinsey, mi sia spostato prima a Londra e poi a Singapore.
McKinsey è un’organizzazione davvero globale, nel senso che il modo di lavorare è esattamente lo stesso in qualsiasi parte del globo, per cui non ho avuto particolari difficoltà.
Ovviamente lavorare con clienti ad esempio asiatici richiede un approccio molto diverso che con clienti europei.
Direi che le differenze principali sono essenzialmente due. Innanzitutto i processi decisionali. In alcuni paesi si maturano le decisioni aziendali in modo molto meno gerarchico e più ponderato che in altri, di conseguenza, è necessario modulare la comunicazione di conseguenza.
In alcuni Paesi, la schiettezza anche se brusca viene molto apprezzata e anzi addirittura premiata, laddove in altri è preferibile un approccio più progressivo.
L’altra differenza importante è rappresentata dalla gestione o dalla considerazione del fattore tempo. La tolleranza allo sforamento degli orari in riunioni o progetti, e gli standard richiesti di “permanenza in ufficio o al lavoro” cambiano molto.
Ma niente che non si possa imparare velocemente, avendo la giusta umiltà e sensibilità.
E devo anche dire che agli “expat” spesso è concesso quello che non verrebbe concesso ai nativi.
È importante sempre non pensare che quello che vale, o ha successo, nel posto A debba necessariamente valere nel posto B.
Sembra un’ovvietà (e lo è) ma parecchi manager non la praticano, nella mia esperienza soprattutto coloro che provengono dagli US.
Secondo lei, quali sono le caratteristiche che devono avere i giovani d’oggi per raggiungere risultati eccellenti nel mondo del lavoro?
Sono stato giovane molto tempo fa quindi non credo di essere la persona più qualificata per rispondere a questa domanda!
Detto questo, direi la flessibilità e il tenersi sempre informati.
Flessibilità nell’adattarsi a situazioni nuove, per capire che quanto fatto sinora (studi, esperienze lavorative, etc) non è detto sia la base migliore per il futuro, flessibilità per cambiare lavoro o città se arriva una proposta migliore.
Io sono rimasto in McKinsey per trent’anni, ma ho sempre cercato di avere almeno un’opzione alternativa.
Questo approccio mi ha consentito di sentirmi sempre libero e proprio per questo, forse, non ho mai cambiato lavoro (…anche se ho girato i cinque continenti).
Tenersi sempre informati è fondamentale per non essere colti di sorpresa dagli eventi e per essere i più veloci a cogliere le opportunità.
L’azienda per cui lavoro come è valutata dal mercato (aldilà di quello che dicono il mio capo e la propaganda interna)?
E’ in arrivo qualche discontinuità tecnologica o di mercato?
Stiamo per essere acquisiti da qualche competitor?
A me, ad esempio, è capitato che l’azienda per cui stavo per iniziare a lavorare di colpo ha chiuso i propri uffici.
Io, all’epoca – puro software developer senza interessi e conoscenze economico/gestionali – pensavo fosse l’azienda più solida al mondo, e fu uno shock.
Per la cronaca l’azienda era la Apple ed in effetti avevo ragione… ma con circa quindici anni in anticipo!
Ora che ha cambiato lavoro, quali sono i suoi progetti futuri?
Il settore dell’energia è la mia passione da molti anni, e sta attraversando dei cambiamenti epocali: la decarbonizzazione e la contemporanea elettrificazione dei consumi.
Personalmente, ritengo che questa transizione sia necessaria non solo per motivi ambientali, ma forse anche di più per motivi economici e sociali.
Decarbonizzazione ed elettrificazione sono necessarie sia per ridurre i costi dell’energia sia per raggiungere l’indipendenza energetica (in particolare per un paese come l’Italia).
Il mio umile parere è che operatori industriali e “policy makers” necessitino di aiuto per comprendere i vantaggi del cambiamento e gestirlo al meglio.
Intendo continuare a dare il mio contributo per accelerare la transizione e renderla la più efficiente ed equa possibile.
Un consiglio per chi sta iniziando oggi il percorso formativo all’Università degli Studi di Padova
Ricordatevi che, salvo brevi interruzioni, l’Università è l’ultimo periodo della vostra vita fino all’età della pensione in cui non avrete capi, budget, cartellini da timbrare, etc.
Sfruttate al massimo l’enorme privilegio di poter ampliare gli orizzonti, apprendere in quantità ciò che volete (non solo le materie d’esame), e di conoscere le persone e i luoghi che volete, senza alcun assillo che non sia la vostra curiosità mentale e le vostre passioni.
E sappiate che il cerchio di conoscenze e amicizie che vi farete mentre studiate all’Università sarà quello più importante per la vostra vita professionale e personale futura.
Investite tempo nell’allargarlo e consolidarlo.
In bocca al lupo!