Figlie d’Israele a Padova (1577-1630)

20 Giugno 2023 Associazione Alumni_admin Categories news

Padova e il suo territorio

Nata  nel 1986, la rivista Padova e il suo territorio indaga su personaggi, eventi storici e testimonianze artistiche di Padova e del territorio con un taglio approfondito e rigoroso, ricco di documentazione fotografica e bibliografica cui affianca rubriche più divulgative, ma mai superficiali.

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L’articolo

Articolo scritto da Pia Settimi per Padova e il suo Territorio


“Figlie d’Israele” è una espressione, credo chiara per tutti, che ho trovato in alcune delle 1500 delibere del Consiglio della Comunità di Padova e che si riferiscono al periodo tra due gravi episodi di peste, quella del 1577 e l’altra, ricordata dal Manzoni e per questo più nota, del 1630. A metà di quel periodo, nel 1603, si ebbe la istituzione del ghetto anche in questa città, dopo quasi novanta anni da quello di Venezia.

Ho letto quei registri, i pinkassìm, non sui manoscritti originali riguardanti il periodo 1577-1630 e conservati presso la Comunità ebraica di Padova, ma nella trascrizione edita in due volumi nella seconda metà del secolo scorso dallo studioso italo-israeliano prof. Daniel Carpi.
Era assai raro, in quei secoli, che le donne – escluse come erano e come sarebbero state per secoli ancora dalla partecipazione alla vita amministrativa e politica – arrivassero alla ribalta della Storia, mentre nelle delibere citate si trovano piccole storie, con la minuscola, che fanno luce su momenti della vita che tutte loro si trovavano ad attraversare: la nascita, l’infanzia, la perdita dei genitori, il matrimonio, il lavoro oltre quello casalingo, la vedovanza.

Si trovano infatti delibere che riguardano bambine e ragazze, rimaste orfane ed oggetto di precise attenzioni da parte dei rappresentanti della Comunità. In alcuni casi era sufficiente nominare dei tutori che si occupassero dell’amministrazione del patrimonio del genitore o dei genitori defunti.
Ma quando erano assai povere, il loro destino era segnato: dovevano andare a servizio presso famiglie più facoltose, forse non solo di ebrei. Alcune venivano inviate come cameriere presso famiglie di Padova e anche di Venezia.

Mi ha colpito la vicenda di due sorelline orfane, figlie di Yaacov Isitz, probabilmente morto di peste insieme alla moglie, nel 1577. Di una soltanto si sa il nome: Sarele, diminutivo yiddish di Sara, che mi mette tenerezza ogni volta che lo leggo o lo scrivo.
Le bambine, in un primo momento, furono prese in casa da una famiglia di vicini, ma erano ebrei italiani, e non si capivano!
Intervenne allora un mio lontano antenato, Moshe Halpron, ebreo aschkenazita come le due ragazzine, facoltoso commerciante ed influente componente della Comunità.
D’accordo, supponiamo, con la moglie Tamar, le prese con sé, pur avendo già parecchi figli maschi, anzi forse proprio per quel motivo. Il loro destino era segnato: avrebbero aiutato in quella famiglia e poi, imparato il mestiere di servetta, sarebbero state mandate in altre famiglie, sempre di ebrei e sempre di buon livello economico e sociale, fino a Venezia. Conosciamo i nomi di quei datori di lavoro: il primo di essi era Judah Katzenellenbogen, famoso rabbino, figlio dell’ancora più famoso Rabbi Meir.

Entrambi sono ancora ricordati dalla Comunità e le loro tombe sono spesso visitate nell’antico cimitero ebraico di Padova, in via Wiel. Conosciamo anche le condizioni di ingaggio: 5 Ducati l’anno per ognuna delle ragazze, per “vestiti e spese” e, naturalmente, vitto e alloggio, per tre anni.
E dopo? Non si dice, ma probabilmente si sarebbe combinato un matrimonio, argomento su cui tornerò tra poco.
Per quelle giovanissime Figlie d’Israele, quindi, non era prevista nessuna forma di istruzione, e non era più neppure tempo per i giochi. Parlo di giochi perché qualche volta delle bambine, forse particolarmente irrequiete, giocando, si esponevano a incidenti pericolosi. Nei registri ho trovato due […]

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