I quattro vincitori dei premi di laurea Anna Donegà si raccontano
Sara Cavezzan, Isaac Bell Holstrom, Vittoria Rapisarda e Francesca Morelli sono i quattro vincitori dei premi di laurea Anna Donegà realizzati grazie al contributo della Camera di Commercio di Padova e la collaborazione del Cantiere delle Donne aps.
Li abbiamo incontrati e abbiamo chiesto loro di raccontarci qualcosa sul loro percorso e la tesi che hanno proposto.
Conosciamoli insieme!
Prima classificata: Sara Cavezzan
“Il leader che è in me! Programma di sostenibilità sociale finalizzato alla promozione di comportamenti prosociali una sperimentazione alla scuola primaria”
Ciao Sara, grazie per la tua disponibilità!
Presentati e raccontaci una curiosità su di te.
Mi chiamo Sara Cavezzan, ho 25 anni e vivo a Chiarano, un piccolo paesino nella provincia di Treviso. Sin da quando ero piccola ho sempre amato i dolci ed ero convinta che il mio lavoro futuro avrebbe dovuto avere a che fare con essi. Proprio per questo motivo ho deciso di frequentare un istituto alberghiero, che solo grazie allo stage mi ha fatto realizzare che quella non era la strada giusta per me, nonostante sia rimasta una forte passione che tutt’ora coltivo.
Completamente sperduta rispetto al da farsi, dopo la maturità mi sono iscritta al corso di laurea in “Scienze dell’educazione e della formazione” di UniPD con sede a Rovigo. Durante una lezione del secondo semestre è apparsa sullo schermo la parola “maestra” e da quell’istante in poi non sono riuscita a smettere di pensare all’idea di diventare una maestra. Così a settembre ho tentato il test d’ingresso per “Scienze della formazione primaria”, l’ho passato e nel giugno 2024 mi sono laureata. Attualmente sto lavorando in una scuola primaria del trevigiano.
Sara, Il tuo lavoro esplora un programma di sostenibilità sociale per promuovere comportamenti prosociali nelle scuole primarie. Quali sono stati i risultati più significativi del programma ‘Il leader che è in me’?
Il programma “Il leader che è in me” si basa sul presupposto che conoscendo la figura del leader positivo e avendo occasioni di sperimentare tale ruolo in prima persona, sia possibile promuovere comportamenti prosociali e di aiuto, quindi migliorare le relazioni sociali tra gli individui che abitano un dato contesto.
I 5 incontri del programma hanno permesso agli alunni di ragionare sulle caratteristiche che identificano un leader positivo, di individuare quali sono i propri talenti e come metterli a disposizione degli altri, capire come comunicare in modo efficace, come collaborare al meglio, come trovare soluzioni divergenti ai problemi che si possono incontrare quotidianamente e comprendere cosa vuol dire essere empatici. I risultati hanno messo in luce che gli alunni hanno raggiunto una maggiore consapevolezza su quali sono i loro punti di forza e quali sono invece gli aspetti che possono ancora perfezionare per diventare dei leader migliori.
Interessanti sono stati anche gli esiti ricavati dalle valutazioni che sono state compilate dalle insegnanti: è emerso che hanno compreso con più chiarezza il livello sociale a cui si collocavano i loro studenti.
Infatti, alcuni punteggi sono stati drasticamente ridotti rispetto all’inizio del programma, sintomo che c’è ancora del lavoro da fare per raggiungere il livello che si credeva inizialmente; altri punteggi invece sono aumentati, proprio perché le docenti si sono accorte che c’è già qualcosa, più di quello che pensavano all’inizio della sperimentazione.
Si può quindi dichiarare che il programma funziona: è interessante e motivante per gli alunni, dato che li responsabilizza e rende le insegnanti maggiormente consapevoli rispetto all’importanza di insegnare le abilità socio-emozionali a scuola, dimostrando che queste ultime possono essere facilmente integrate nella normale routine quotidiana.
Quali sono state le principali sfide che hai incontrato durante la tua ricerca e come le hai superate?
Durante la sperimentazione, sicuramente non sono mancati gli imprevisti.
È stato semplice trovare un Istituto Comprensivo che mi accogliesse per svolgere la richiesta, ma non è stato altrettanto facile individuare delle docenti disposte a cedermi alcune delle loro ore.
Per svolgere la ricerca al meglio avrei avuto bisogno di due ore per ogni incontro, mentre sono riuscita ad ottenere solo 90 minuti. Inoltre, con un programma articolato in soli 5 incontri, non è stato possibile osservare dei risultati a livello di comportamenti messi in atto, ma solo rispetto a un piano più concettuale.
Un’altra difficoltà che costituisce poi un limite della ricerca è stata data dall’impossibilità di scegliere il gruppo sperimentale dove avrei svolto il programma, poiché tale decisione è stata presa direttamente dalle insegnanti che mi hanno accolto nelle loro classi.
Comunque sia, sono riuscita a fare tutto ciò che mi ero prefissata, sia grazie alla determinazione nel portare a termine un buon lavoro sia grazie al continuo dialogo attuato con le docenti che mi hanno accolto e con la Professoressa Ferrari che mi ha seguito nel mio percorso.
Quali sono i tuoi obiettivi professionali a lungo termine e come pensi che il premio Anna Donegà ti aiuterà a raggiungerli?
Il mio obiettivo a lungo termine è rendere il mondo un posto migliore.
Come? Facile: essendo una brava maestra. Una maestra che mentre insegna le sue materie insegna anche a vivere e a stare bene insieme agli altri. Una maestra che lavora sull’educazione, sulle emozioni, sulla collaborazione e sul rispetto, anche per il nostro ambiente. Una maestra flessibile che sa adattarsi alle esigenze del momento e che riesce a ispirare i propri alunni ad essere la migliore versione di loro stessi.
Facendo un buon lavoro sul presente, si sta costruendo un futuro migliore per tutti, perché quelli che oggi sono i miei alunni, saranno i medici, gli agenti di polizia, gli avvocati, i politici, gli scienziati, gli scrittori e tutti i lavoratori di un domani.
Il premio Anna Donegà, seppur in una minima parte, mi aiuterà dandomi alcuni degli strumenti di cui mi avvarrò per raggiungere il mio obiettivo: fare la differenza nel mondo.
Secondo classificato: Isaac Bell Holmstrom
“Disparity of resident ontological security and sense of place between two neighbourhoods in Newcastle upon Tyne”
Ciao Isaac, grazie per la tua disponibilità!
Presentati e raccontaci una curiosità su di te.
Sono Isaac, un giornalista e operatore di sviluppo locale originario di Newcastle upon Tyne, nel Regno Unito.
Oggi lavoro in Italia, essendo interessato ad approfondire il legame tra architettura e comunità.
Per una curiosità su di me, parlerei della mia passione segreta per la poesia; scrivo della forza politica al livello locale, e ho un sito web ma con un solo follower: la mia ragazza.
La tua ricerca si concentra sulla sicurezza ontologica e il senso di appartenenza tra due quartieri di Newcastle upon Tyne. Puoi spiegare cosa si intende per sicurezza ontologica e come varia tra i quartieri studiati?
Se per senso di appartenenza si intende la profondità e la forza del legame tra l’individuo e il suo ambiente costruito, la sicurezza ontologica è la misura dell’aspettativa, da parte dell’individuo, che il legame continui senza la minaccia, in questo caso, della demolizione del’ambiente costruito.
Nei quartieri in cui i residenti possono godere di maggiori risorse e tempo, si osserva una maggiore capacità di proteggere gli edifici che contano per loro, il che comporta un corrispondente maggiore senso di appartenenza.
Nei quartieri in cui i valori fondiari sono più bassi, invece, i residenti soffrono sotto le demolizioni più frequenti, che vanno di pari passo con la costruzione di edifici altamente privatizzati che non servono il territorio, bensì gli investimenti internazionali.
Si tratta di una differenza di classe: vediamo una mancanza di stabilità sia nell’ambiente costruito che nel senso di appartenenza dei residenti, una distruzione della memoria locale e sociale gravemente ignorata nel campo della pianificazione urbana.
Quali sono state le principali sfide che hai incontrato durante la tua ricerca e come le hai superate?
Sono in molti che a credere che la demolizione é l’unico modo per rinnovare gli edifici di una città, sia per l’integrità strutturale sia per la riduzione delle emissioni di carbonio.
Ma considerare la demolizione in un’ottica critica, e guardare al trasferimento di beni e proprietà della comunità per rispondere alle esigenze dello spazio urbano, richiede un approccio più in linea con il lavoro delle cooperative residenziali.
Ho avuto la fortuna di lavorare con Dwellbeing Shieldfield, un’organizzazione che si concentra sulle voci dei residenti nella politica urbana, con la quale abbiamo esplorato metodi e attività per coinvolgere tutti i segmenti di persone che fanno parte della città, e che meritano voci in capitolo sugli edifici che usano.
Quali sono i tuoi obiettivi professionali a lungo termine e come pensi che il premio Anna Donegà ti aiuterà a raggiungerli?
Nello scopo della mia ricerca, cerco un lavoro concentrato sulla resilienza di comunità, specificamente nel campo dell’housing sociale.
Ritengo che la possibilità di liberare la casa dalle strutture di profitto e sfruttamento è concreto solamente quando tutti i residenti sono coinvolti.
Come tale, i miei obiettivi professionali toccano anche i temi dell’architettura, dove lo stesso edificio affronta i sistemi d’uso e riuso, tra gli abitanti e il proprietario. Che si tratti di progettazione dello spazio pubblico, o delle attività facilitate dallo spazio, vedo il premio Anna Donegà come una pietra di passaggio verso questo futuro.
É importante creare una piattaforma da cui può venire espressa l’importanza della memoria locale e la sicurezza ontologica nell’uso di edifici, quando si decide tra persone e profitto.
Mentre i movimenti della speculazione finanziaria e della privatizzazione tendono verso una rete globale, esempi piccoli e locali contro questa non possono venire relegati ad alcuni scritti semi-dimenticati.
Devono essere vissuti, connessi al mondo, dove trovano le loro forze, e dove possiamo costruire – letteralmente – un futuro per tutti, non solo per coloro che possiedono la terra e riscuotono l’affitto, ma per coloro che abitano.
Ringrazio ancora l’Associazione Alumni per l’opportunità per aver supportato un progetto in opposizione allo sfruttamento dello spazio urbano, e infine, per il supporto della proprietà comunale degli edifici da parte dei residenti.
Terza classificata: Vittoria Rapisarda
“Bisogni comunicativi e disturbi del linguaggio: l’uso della Comunicazione Aumentativa Alternativa in età scolare”
Ciao Vittoria, grazie per la tua disponibilità!
Presentati e raccontaci una curiosità su di te.
Sono Vittoria Rapisarda, ex studentessa triennale di Lingue, Civiltà e scienze del Linguaggio presso Ca Foscari, ora laureata in Linguistica alla magistrale presso UniPD, mi sono innamorata tanti anni fa della LIS (Lingua dei segni italiana) e ho coniugato l’amore per le lingue all’amore per l’aiuto verso chi ha difficoltà di linguaggio.
Oggi sono insegnante di sostegno e seguo alunni con difficoltà sensoriale, linguistica e sociale.
Una curiosità su di me è che ho iniziato a parlare più tardi rispetto ai miei coetanei e che ho avuto una famiglia che mi ha insegnato fin da piccola l’amore verso il volontariato e la beneficienza sociale.
La tua tesi si concentra sull’uso della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) in età scolare. Puoi spiegarci come la CAA può migliorare le capacità comunicative ed espressive dei bambini con disturbi del linguaggio?
Certamente!
Attraverso la CAA (segni, foto, oggetti) il bambino può esprimere a pieno i suoi bisogni e i sui desideri, cambia solo la modalità.
L’intervento sulla comunicazione del bambino cambia la comunicazione anche della famiglia che verrà coinvolta e formata.
Gli esperti di CAA faranno un lavoro anche nei luoghi del bambino quali la scuola ed altre sedi.
La comunicazione e la cooperazione è fondamentale per una buona riuscita dell’intervento.
Puoi descrivere un caso particolare che hai seguito e i risultati ottenuti attraverso l’uso della CAA?
Il caso particolare è per me l’alunna che presento in tesi e che seguo da ormai quasi 10 anni, presentata come una bambina del disturbo dello spettro autistico con difficoltà specifica nel linguaggio.
Abbiamo iniziato l’intervento seguiti da una psicologa comportamentale, una logopedista e grazie al mio aiuto la bambina ha imparato i segni per poter comunicare inizialmente per poi passare all’uso di immagini sempre più complesse.
In questo caso specifico la bambina dopo anni di terapia ABA ha iniziato ad utilizzare la comunicazione vocale e abbiamo sfumato l’aiuto di immagini o segni.
In ogni caso la CAA può essere sfumata e non preclude la possibilità di una comunicazione vocale o mista.
Quali sono i tuoi obiettivi professionali a lungo termine e come pensi che il premio Anna Donegà ti aiuterà a raggiungerli?
Sicuramente questo premio da la possibilità a me e a questi bambini di essere conosciuti e da la possibilità all’università di Padova di sensibilizzare la popolazione rispetto ai disturbi del linguaggio ed alle strategie comunicative e di supporto.
Io sono felice di essere ora un’insegnante e di dare il mio contributo ogni giorno alla scuola e alle famiglie.
Onorata di questo premio, ringrazio di cuore.
Quarta classificata: Francesca Morelli
“La promozione della gratitudine nelle scuole: può un gioco migliorare il benessere?”
Ciao Francesca, grazie per la tua disponibilità!
Presentati e raccontaci una curiosità su di te.
Salve, sono Francesca Morelli, una psicologa clinica, appassionata di empatia e dialogo, creo spazi accoglienti online e offline dove le parole incontrano il benessere.
Credo nella relazione come mezzo di conoscenza e di esplorazione che aiuti a trovare la strada migliore per ogni persona.
Ho una profonda passione per l’avanzamento della conoscenza scientifica e il miglioramento del benessere psicologico. Convinta che la ricerca possa avere un impatto trasformativo, sono orientata all’innovazione metodologica e all’uso di evidenze solide per generare contributi significativi e duraturi nel tempo.
La mia più grande passione è la psicologia, ma sono anche un’attivista e una blogger che adora creare contenuti online e spaziare nel mondo digital.
I miei interessi abbracciano il cinema, l’interazione schermo-persona, le nuove tecnologie, la scrittura e arte terapia, così come benessere personale e professionale, dalla skin care, alla cura di sé, alla sana comunicazione e rafforzamento di social skills e consapevolezza. Sono una persona curiosa e adoro esplorare nuove culture e viaggiare.
La mia aspirazione nella vita è rendere il mondo un posto migliore sfruttando al massimo tutte le possibilità. Sono una viaggiatrice entusiasta della vita alla ricerca di stimoli ed esperienze. Quando non sono impegnata con la psicologia, lo studio o il lavoro, guardo serie tv in lingua originale (in inglese e coreano), leggo, bevo tè inglese e preparo una valigia per la prossima avventura.
La tua tesi esplora la promozione della gratitudine nelle scuole attraverso un gioco. Puoi spiegarci come funziona il “Gratitude Game” e quali sono stati i principali risultati della tua ricerca?
Il “Gratitude Game” è un gioco di carte innovativo che ha come obiettivo quello di aumentare la gratitudine e il benessere nell’ambiente scolastico e non solo.
Si compone di carte da gioco con all’interno delle sfide da completare che, come si è dimostrato durante la ricerca, hanno aumentato il benessere generale e la soddisfazione per la vita.
Mi piaceva l’idea che i ragazzi e le ragazze grazie a questa ricerca potessero tornare ad utilizzare qualche oggetto che non fosse solo digitale ma che si concretizzasse in una sfida sociale che li avvicinasse anche come gruppo classe.
Il principale risultato raggiunto è proprio quello di aver riscontrato un effettivo miglioramento in termini di soddisfazione e benessere degli studenti e studentesse partecipanti, rispetto al gruppo di controllo, rendendo così il gioco a tutti gli effetti funzionale in un panorama di ricerca, quello italiano, in cui l’attenzione alle tematiche come la gratitudine è ancora agli albori.
In che modo pensi che l’introduzione della gratitudine nelle scuole possa migliorare il benessere emotivo e sociale degli studenti?
Ci sono molti studi a sostegno di come una maggiore gratitudine sia un’alleata al miglioramento del tono dell’umore, della percezione della propria vita, del proprio benessere, parallelamente ad un miglioramento dei rapporti con gli altri in contesti sociali.
La difficoltà oggi non riguarda, secondo me, se la gratitudine migliori il benessere emotivo e sociale, ma il come introdurre un tema complesso nelle vite delle nuove generazioni. Il gioco mi è sembrata la via più immediata e da qui è nato questo progetto di ricerca.
La possibilità di praticare la gratitudine, a scuola prima e nella vita poi, è un ottimo punto di partenza; introdurla “a piccoli passi” in modo giocoso è un modo anche per scardinare alcune resistenze su temi che ancora oggi non si sa come affrontare e portare alle masse.
Parlare di gratitudine e prendere l’abitudine di piccole azioni può fare una grande differenza.
Quali sono i tuoi obiettivi professionali a lungo termine e come pensi che il premio Anna Donegà ti aiuterà a raggiungerli?
Sono una persona ambiziosa e mi piacerebbe continuare a lavorare nell’ambito della ricerca per poter portare alle nuove generazioni e non solo strumenti nuovi ed efficaci per il loro benessere, allo stesso tempo ho intenzione di proseguire con la carriera clinica e iscrivermi ad una scuola di psicoterapia.
Credo che la pratica clinica sia un po’ il mio faro e il motore che mi spinge ad andare avanti, senza di questa non riuscirei a comprendere appieno le necessità delle persone e cercare di trovare soluzioni che attraverso la ricerca possano cambiare in meglio la società. Sono due facce della stessa medaglia che si intrecciano.
Parlando di sogni mi piacerebbe parlare ad un TedTalk e scrivere un libro, ma per quello direi che abbiamo un pochino più di tempo…
Sono certa che iniziative come questo premio possano essere un valido aiuto e supporto su più di un canale, al di là del premio effettivo, il prestigio e la visibilità raggiunta per la mia ricerca potrà aprirmi nuove opportunità oltre che motivarmi tantissimo a fare sempre meglio e perseguire i miei obiettivi.
Sono estremamente grata di tutto ciò.