
Mirachian Laura
Ambasciatore | Novembre 2016
Laurea in Scienze Politiche
Dicembre 2016
L’università? Una scuola di vita prima che di studio
Il periodo in cui studiavo a Padova ha coinciso con gli anni difficili della contestazione studentesca. Ricordo, però, che i giovani erano molto amati, rispettati, e ascoltati. Gli anni universitari sono stati per me, ancor prima che di studio e apprendimento, un’esperienza di vita molto formativa, che si è rivelata cruciale per maturare idee e acquisire strumenti di convivenza civile e apertura nei confronti del mondo. E sono stati tanti i valori che ho ricevuto dall’Università: tra questi, di sicuro, la solidarietà. E poi l’impegno per raggiungere l’obiettivo, la determinazione nel perseguirlo e il coraggio nell’affrontare la sfida. E anche sul piano strettamente professionale, durante gli studi, ho potuto maturare una forte indipendenza di giudizio e quindi la capacità di non lasciarsi influenzare troppo da chi ci sta attorno e, magari, vuole convincerci di ragioni malsane. O, vedendo la cosa da un’altra prospettiva, rimanere fedeli ai propri principi conservando una dirittura morale sempre integra.
Oggi, come il primo giorno, è la passione l’anima del mio lavoro
Se guardo alla mia carriera, rivedo un percorso fatto di grande continuità. Dagli studi, ai primi incarichi, fino a oggi, ci sono valori che mi hanno accompagnato sempre: l’interesse genuino per situazioni e popoli diversi, anche molto lontani per tradizioni e cultura dal nostro, la soddisfazione di capire e di interloquire, di spiegare il nostro punto di vista e di cogliere il loro, di andare al fondo delle cose al di là delle apparenze, e nell’individuare e valorizzare i punti di comunanza per risolvere contrasti e superare divergenze. È quello che sognavo di fare e continuo a fare con la stessa passione della prima ora, ovviamente, con le differenze di metodo che distinguono la gioventù dalla maturità, l’innocenza dall’esperienza.
Poca accademia e molta concretezza: oggi la diplomazia non ha nulla a che fare con le feluche e le cancellerie riservate
Nel servizio diplomatico italiano non sono l’unica a provenire dall’Università di Padova, e posso dire che tutti i colleghi padovani sono molto apprezzati e stanno facendo o hanno fatto un’ottima carriera fino ai gradi apicali. Ci caratterizza la stessa preparazione professionale, e più oltre la serietà, la determinazione, la lealtà ai valori di democrazia, libertà, moderazione e rispetto dell’altro. Lo stesso dicasi dei funzionari padovani, giovani o meno giovani, che lavorano nelle Organizzazioni Internazionali a Ginevra o New York, un ambiente se possibile ancora più competitivo. Il contesto attuale, infatti, richiedono poca accademia e molta concretezza. Oggi la diplomazia non ha nulla a che fare con le feluche e le cancellerie riservate, la politica estera è anzitutto proiettare nel mondo la capacità ‘del fare’ che distingue la nostra gente, che si tratti di produzioni industriali, alte tecnologie, artigianato, patrimonio culturale. E proiettare il nostro ‘pensiero’, la nostra civiltà, che viene da lontano.
Tre errori da evitare
Nella costruzione del proprio percorso professionale e nella definizione della propria identità lavorativa credo ci siano tre passi falsi da evitare. Il primo, a mio avviso, è pretendere di emergere solo mediante una specializzazione tecnica. Le conoscenze tecniche sono necessarie ma non sufficienti, occorre la capacità di intuire i bisogni dell’interlocutore, che sono spesso ben più vasti e profondi, e di incrociarne la lunghezza d’onda per riuscire a comunicare. Un secondo errore potrebbe essere rinnegare il nostro passato storico in nome di una mal percepita modernità. Abbiamo un grande passato alle spalle, un passato umanistico e possiamo avvalercene nel giudizio sul presente e sul futuro. Infine, chiudersi nel ristretto ambito nazionale, anziché aprirsi alle esperienze scientifiche e culturali altrui: significa impoverirsi anziché arricchirsi, in un mondo globalizzato.
Più donne in diplomazia per avere più armonia nel mondo
Quando sono entrata in carriera le donne erano davvero una rarità! Non è stato quindi un percorso facile: molta tenacia, molto studio, molto lavoro, e una buona dose di assertività. Oggi va molto meglio, perché la componente femminile della diplomazia italiana è circa il 20% del totale. Vorrei incoraggiare tutte le giovani donne a interessarsi di politica estera, sempre più importante per il successo del nostro Paese in un mondo globale, e a cimentarsi nel concorso diplomatico: le qualità femminili sono ormai considerate un contributo essenziale per il buon andamento delle relazioni internazionali, sia in patria sia nelle più alte sfere multilaterali. Le donne sanno ascoltare, sanno spiegare con infinita pazienza, e sanno reperire i punti di comunanza con il diverso. Forse con più donne in diplomazia, ci sarebbero meno guerre e più armonia nel mondo!
L’Associazione Alumni come strumento di proiezione esterna
Mi fa piacere che l’Associazione Alumni diventi uno strumento di proiezione esterna. L’Università di Padova non ha nulla da invidiare ai grandi Atenei americani o britannici, anzi può agevolmente competere, non solo per le sue antiche tradizioni ma anche per la sua realtà odierna e la sua capacità di tenere il passo nella ricerca scientifica, specie, ma non solo, in settori come ingegneria o medicina. Si potrà iniziare dai Paesi europei dove la collettività italiana è più numerosa, ma a me piacerebbe, forse per esperienza personale, che si incrociassero anche le realtà dei Paesi dei Balcani e del Mediterraneo, dove è davvero fortissima la domanda di contatti e di conoscenza del nostro Paese: la loro memoria storica è lunga, e generalmente molto più positiva di quanto noi possiamo immaginare!
26 Novembre 2016