Laureati e laureate all’estero: un viaggio a senso unico?
La fuga dei cervelli rappresenta una sfida significativa e complessa per molte nazioni in tutto il mondo. Questo fenomeno, definito come la migrazione dei talenti altamente qualificati verso paesi stranieri in cerca di opportunità migliori, ha un impatto profondo sulle economie nazionali, sulle comunità accademiche e sulla capacità di innovazione a livello globale.
Martedì 30 gennaio 2024 in Aula Magna di Palazzo Bo, in occasione dell’evento Attrarre e trattenere i talenti nel nordest: cosa cercano all’estero i laureati, cosa offrono le aziende nel territorio, promosso da Intesa San Paolo e dall’Università degli Studi di Padova – nella cornice del Laboratorio ESG – si è parlato proprio di questo, focalizzando l’attenzione sulla situazione attuale che vede il Veneto seconda regione dopo la Lombardia per numero di laureati che preferiscono trovare lavoro all’estero.
Perché i talenti emigrano? Cosa fare per incentivare la loro permanenza?
L’indagine condotta da Intesa San Paolo (gen- giu 2023) ha evidenziato come siano molteplici i fattori che spingono i laureati ad allontanarsi dal proprio paese e a non farvi ritorno: ciò che trovano all’Estero, infatti, è un ambiente lavorativo che sa come valorizzare le loro competenze e i diversi percorsi formativi, offrendo non solo un ambiente stimolante progettato all’insegna dell’innovazione e della formazione continua, ma anche una dimensione capace di salvaguardare il benessere del singolo lavoratore, i rapporti con i colleghi e l’equilibrio con la sfera privata.
Raggiungere il cosiddetto “work life balance” è una delle priorità per i lavoratori del XXI secolo che, avendo conosciuto realtà come lo smart working, la flessibilità di orario, salari migliori e politiche genitoriali a favore delle madri ma anche dei padri, non intendono rinunciarvi.
Come ha detto nel suo intervento Filippo Poletti, Giornalista e LinkedIn Top Voice, per invertire questa tendenza è necessario adottare nuove strategie aziendali. In questa direzione, è emblematica la formula FLEM, acronimo le cui lettere indicano nell’ordine: work-life fit, leadership trasformazionale, employer branding inclusivo, meritocrazia trasparente. Una serie di misure capaci di rivoluzionare l’ambiente lavorativo mettendo al centro il lavoratore in quanto persona e non unicamente il profitto.
Di tutto ciò hanno discusso studenti, alumni e imprenditori, all’interno di due tavole rotonde dedicate: una, intitolata Cosa si aspettano e cosa offrono le aziende per attrarre e trattenere i talenti, ha dato voce alle aziende e al loro punto di vista. L’altra, dal titolo Cosa cercano e cosa chiedono al mondo del lavoro i nostri laureati, ha invece interpellato alumni e alumnae del nostro Ateneo che hanno posto l’accento su alcuni punti deboli della realtà aziendale italiana, come gli scarsi investimenti nell’innovazione o la mancanza di “un orientamento all’imprenditorialità” nel mondo accademico.
Lorenzo Danese, alumno unipd, Podcast host ha sperimentato diverse realtà estere lavorando per Tesla (Olanda) e per Amazon (Spagna). Quali sono state le competenze che gli sono servite e che ha maturato grazie all’Università di Padova?
Fabrizio Dughiero, Direttore Dipartimento di Ingegneria Industriale Università degli Studi di Padova, ci ha raccontato quali soluzioni strategiche poter mettere in campo, sottolineando l’importanza del fare squadra per tutti gli attori coinvolti.
La mobilità in uscita supera quella in entrata: è possibile invertire questo movimento?
“Ma qualcuno è tornato, dopo essere stato all’Estero?”: alla domanda posta da Poletti, Fabrizio Dughiero ha risposto citando il caso emblematico di Federico Faggin – celebre alumnus patavino, Consigliere dell’Associazione Alumni dell’Università di Padova e inventore del microchip e del touchscreen – che dopo una lunga esperienza negli Stati Uniti è tornato in Italia.
Adottare soluzioni che spingano i laureati a rimanere e lavorare nel Paese in cui si sono formati è essenziale non solo per il mondo imprenditoriale ma anche per l’ambiente universitario: in quest’ottica – come ha sottolineato Andrea Gerosa, Delegato all’orientamento, tutorato e placement – l’Università si impegna attraverso numerose attività di Didattica e Terza Missione per sviluppare il rapporto tra laureati, imprese e territorio e pone particolare attenzione alla realtà degli studenti internazionali.
Con i programmi Erasmus+, Ulisse, Open Arqus Mobility e un piano formativo che prevede 900 insegnamenti in lingua inglese, l’Ateneo patavino offre un ampio ventaglio di possibilità per favorire la mobilità internazionale e il dialogo proficuo con l’Estero.
Tra queste opportunità c’è anche T.I.M.E., un progetto che permette a studentesse e studenti di Ingegneria di frequentare un percorso formativo di tre anni, di cui uno presso l’Università di Padova e due presso l’ateneo estero, per l’ottenimento di un doppio diploma.