“Studiare discipline dello spettacolo mi ha aiutato ad essere un manager migliore. Ai miei collaboratori dico di coltivare le loro passioni”. Intervista ad Andrea Rizzi, CFO di THRON e Co-founder di Legal Hackers.
Il tuo percorso accademico è ricco e variegato, non solo per i diversi Atenei in cui hai studiato, ma anche per i diversi insegnamenti cui ti sei dedicato. Non è un po’ strano vedere nello stesso curriculum una Laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo e un Master in Business Administration?
All’inizio, in realtà, il mio percorso è stato molto lineare. Mi sono diplomato in Ragioneria nel 1994 e, consapevole della mia forte propensione per le materie economiche, ho scelto una facoltà come quella di Economia, che allora era presente solo all’Università Ca’ Foscari di Venezia. In continuità con i miei studi, i miei primi passi in termini professionali sono avvenuti nell’ambito della revisione contabile.
Dopo diverse esperienze, tuttavia sentivo di voler essere maggiormente incisivo nelle decisioni strategiche d’impresa: dalla revisione contabile ero passato a ruoli manageriali, e avevo bisogno di crescere professionalmente. È stato così che, da lavoratore full time, dovendo fare acrobazie con permessi, vacanze e weekend, sono riuscito a ottenere un master in Business Administration all’Università Bocconi di Milano. Sono stati due anni molto intensi e, se ce l’ho fatta, è grazie al supporto ricevuto da mia moglie e da mia figlia. Mi piace dire che è stata un’impresa… di famiglia!
Ma veniamo al DAMS… Tutto parte dalla mia passione per il teatro: per anni, anche quando studiavo economia, sono stato attore amatoriale, e recitavo al Teatro Popolare di Ricerca, realtà strettamente legata all’Università di Padova. Una passione che non mi ha mai abbandonato e che, dopo anni di studi in ambito economico, ha fatto germogliare in me il forte desiderio di affrontare un percorso più umanistico.
Può sembrare assurdo che mi sia imbarcato in un corso di laurea radicalmente diverso dal mio background nel bel mezzo di una carriera già avviata e dopo aver già “messo su famiglia”. Nonostante non sia riuscito a frequentare i corsi, per me era un piacere avere sul comodino - anziché il solito romanzo - un manuale universitario sugli argomenti che mi appassionavano. È stato come immergersi in un altro mondo e coltivare una parte di me che per tanto tempo avevo in qualche modo sacrificato.
Contrariamente a ciò che si può pensare, il percorso DAMS mi ha aiutato moltissimo dal punto di vista manageriale. Una formazione che tocca le relazioni, l’espressione e le pieghe dell’animo ti aiuta a sviluppare delle abilità importantissime nel percorso di carriera e nel lavoro di team: man mano che si avanza con la seniority, le competenze trasversali diventano leve sempre più importanti rispetto alle conoscenze tecniche. La componente umana, di relazione, diventa preponderante.
Più in generale penso che, anche e soprattutto nel lavoro, siamo prima di tutto delle persone, con passioni e interessi, non semplici automi che espletano un ruolo. Se siamo persone più interiormente ricche e stimolate, che si aprono a esperienze diverse, questo si rispecchia anche in azienda: come manager, non posso che favorire un buon equilibrio fra casa e lavoro, e incoraggiare la coltivazione dei propri interessi extra-lavorativi. Per quanto possa sembrare strano, il lavoro ne risente in positivo.
Attualmente, sei CFO di THRON, startup italiana di respiro internazionale e in contatto con grandi nomi della digital economy globale. Da professionista della trasformazione digitale, quali insight puoi darci sulla risposta delle aziende a questo fenomeno?
THRON è una piattaforma per ottimizzare la gestione dei contenuti digitali e delle informazioni di prodotto, erogata in modalità SaaS (Software-as-a-service), ovvero interamente in cloud. Abbiamo clienti sia fra le piccole e medie imprese, sia soprattutto fra le grandi corporation: ciò che ci premia è la nostra vision, molto orientata all’innovazione e alla formazione e crescita in house delle nuove risorse. Siamo fornitori di brand come Lamborghini, Dolce e Gabbana, Ferrari, ma anche di brand non italiani, come Tesla: pur essendo una piccola realtà italiana, grazie alle nostre competenze e alla qualità del nostro prodotto siamo riusciti a convincere grandi player del mercato.
All’inizio, si riscontra sempre una difficoltà da parte del mercato, d’altronde per poter accogliere un prodotto le aziende devono essere pronte, sia a livello di consapevolezza dei propri bisogni e delle richieste del mercato, sia a livello di processi. Sempre più, però, le aziende capiscono la necessità del nostro strumento e più in generale di cavalcare l’ondata della trasformazione digitale, adottando soluzioni agili e trasversali; sicuramente la situazione sanitaria corrente ha accelerato molto la necessità di tenersi al passo e produrrà una spinta verso la digitalizzazione, non soltanto con la finalità della vendita online, ma come approccio trasversale al coordinamento delle attività lungo tutta la catena di distribuzione: dai fornitori alla produzione, passando per il marketing e la distribuzione, fino ad arrivare al punto vendita.
Sei stato inserito da Federmanager nella lista 2020 dei Manager Emergenti. Sicuramente ci hai già dato molti spunti interessanti, ma ti chiederemmo ugualmente un consiglio per i nostri lettori e lettrici. Come approcciarsi a un percorso di carriera ai primi step?
È difficile dare un consiglio oggi su quale percorso possa essere il migliore. Le cose, una volta studiate sui libri, sono già vecchie: il turnover di tecnologie e di stili di vita è rapido e incessante. Certo, ora come ora l’ambito economico, specialmente il settore del marketing e delle strategia d’azienda, sta esplodendo e ripaga le fatiche. Così come gli studi STEM, che sono richiestissimi ma impopolari – trovare programmatori, anche per THRON, è davvero un’impresa. Questi sono però consigli non definitivi. Di cosa domani, nello specifico, ci sarà bisogno, è nel campo delle ipotesi.
Tralasciando le contingenze dei corsi che più o meno pagano in determinati momenti, invece, è importante la mentalità: scegliere percorsi che ci permettano di essere elastici, resilienti, pronti a cambiare e modificarsi. Quando si è consapevoli dei propri punti di forza e di come si riesce ad apprendere, allora si possono approcciare le novità che continuamente si producono in maniera strategica: a fronte di mutate condizioni, quali sono le nuove necessità? Come mi devo formare o adattare per potervi rispondere? Questa forma mentis non perderà mai il proprio valore.